Giusy Ocello | 27 Settembre 2023

Branding e IA: il valore umano che fa la differenza

In questi ultimi mesi, Chat Gpt ha offerto diversi spunti di riflessione in merito a quanto sia utile o rischioso l’utilizzo dell’IA nella comunicazione e nella divulgazione delle informazioni. 

Basti pensare al polverone suscitato dalla diffusione delle foto artefatte che ritraevano il papa in abbigliamento, diciamo, informale. O gli scatti diffusi sul web di Donald Trump nei più disparati contesti e azioni. 

Di fronte a foto quasi indistinguibili dalla realtà e al sempre più diffuso utilizzo di chatbot per la stesura di articoli e contenuti testuali di vario genere, viene spontaneo chiedersi quanto l’IA possa o meno influenzare, nel presente e nel futuro, le strategie di branding e, soprattutto, di personal branding

Una punto di partenza utile a rispondere a questa domanda, forse, può arrivare da un’affermazione rilasciata da Sam Altman, padre proprio di ChatGPT: “ChatGPT è incredibilmente limitato, ma abbastanza bravo in alcune cose da creare una fuorviante impressione di grandezza. È un errore affidarsi a lui per qualcosa di importante in questo momento” 

E tutti dovrebbero essere concordi nel dire che il branding sia un’attività di grande importanza per le aziende e i professionisti in questo preciso momento storico di fermento digitale. 

L’importanza di un branding dal carattere umano

Avere una strategia di branding, per un’azienda, e di personal branding, per un professionista, forte, coerente, umana, vicina al target e ai valori diffusi nella propria attività è il modo migliore, oggi, per emergere dalla mischia della concorrenza. 

La personalità, i valori, la specificità consentono di attrarre, ispirare, influenzare e fidelizzare gli interlocutori, creando una connessione umana sempre riconoscibile e degna di fiducia. 

Lo abbiamo visto, e toccato con mano, nelle campagne che abbiamo realizzato per aziende come Crasta, o come Torello, ad esempio. 

L’IA può essere un ottimo strumento, utile a coadiuvare una strategia che deve, per forza di cose, parlare un linguaggio umano. 

Il ruolo dell’IA nelle strategie di comunicazione

E se parliamo di personalizzazione della comunicazione, non possiamo fare a meno di parlare di creatività.

Jacopo Perfetti, esperto di intelligenza artificiale generativa, nel mese scorso ha fatto un’interessante riflessione sul rischio che l’IA possa sostituire il processo creativo umano. E ha fornito una risposta molto interessante: 

Siamo alla fine dei lavori creativi? La risposta ovviamente è no, c’è però una cosiddetta rivoluzione industriale della creatività, parliamo di creatività ‘made by Robot’ e ‘made by Human’. I tre errori da non fare in questo momento storico sono: usare la tecnologia nuova con una mentalità vecchia, far finta di nulla ignorando questa onda e puntare sul prezzo e sulla quantità. Più l’intelligenza artificiale sarà intelligente, più noi dovremo essere intelligenti, creativi, empatici”. 

Vale per tutti coloro che hanno bisogno di creare e mostrare una personalità unica, in grado di ispirare e giustificare la fiducia data dai propri clienti. Siano essi singoli professionisti, o aziende.

E l’empatia, possiamo dirlo, è oggi l’elemento di cui l’intelligenza artificiale è carente. Quello stesso elemento che, davvero, può fare la differenza in una strategia di branding vincente.

L’IA può essere uno strumento prezioso, utile ad automatizzare processi complessi e ottimizzare campagne. Ma, per portare a risultati di qualità ha bisogno di essere sempre affiancata dal pensiero umano. Può aiutare a migliorare l’efficacia delle strategie adottate, è vero. Pensiamo ad esempio ai tool di sentiment Analysis che consentono di avere un’idea oggettiva e precisa del percepito di un’azienda tra i clienti. O, ancora, agli strumenti di content creation che, seppur con i loro risultati molto omologati e l’incapacità di distinguere una fonte vera da una fake, possono essere comunque utili in fase di brainstorming. 

Non possiamo negare che l’IA sia ormai uno strumento sdoganato all’interno della società. La chiave, per differenziarsi e non lasciarsi sopraffare dalla tecnologia è, semplicemente, comprenderla, per servirsene con la piena consapevolezza che solo un buon consulente può offrire alla strategia di branding quelle giuste sfumature “umane” in grado di creare relazione con il pubblico. 

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